Il servizio di pulizia delle strade e il principio “chi inquina paga”

Il servizio di pulizia delle strade e delle aree pubbliche è stato sempre e tradizionalmente finanziato con i proventi dei prelievi (succedutisi nel tempo) dovuti dai contribuenti per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati.

Nel DPR 27 aprile 1999, n. 158 che, a tutt’oggi, nonostante i cambiamenti di status giuridico del prelievo (tassa, tariffa tributo, tariffa corrispettivo, nuovamente tassa), resta l’unica fonte nazionale per il calcolo dei costi e delle tariffe unitarie dovute dai contribuenti, è espressamente previsto che i costi di raccolta e spazzamento delle strade ed aree pubbliche siano interamente coperti con lo stesso prelievo posto a carico di chi produce, nei propri locali, rifiuti urbani o assimilati.

Studiando i possibili metodi di misurazione per precisare un progetto di tariffa corrispettiva (cosiddetta “puntuale”) che tenga conto dei rifiuti effettivamente conferiti al servizio pubblico, ci si è evidenziato proprio il problema del finanziamento del servizio di spazzamento.

In un nostro precedente scritto su questo portale, pubblicato il 26 aprile scorso (“La tariffa “corrispettiva” sui rifiuti: è veramente puntuale?”), esaminavamo alcune criticità della Tariffa “puntuale”, evidenziando, tra queste, proprio la copertura dei costi per i rifiuti abbandonati sulle strade ed aree pubbliche.

Con l’attuale meccanismo il costo di raccolta e di trattamento dei rifiuti che provengono dallo spazzamento delle strade è interamente sopportato dai contribuenti che pagano per i rifiuti urbani e assimilati delle loro case o aziende. Con ciò vengono automaticamente esentati da questo onere le aree ed i locali sui quali non si producono, o si producono solo marginalmente, rifiuti urbani.

In buona sostanza non partecipano a sostenere quell’onere, se non in minima parte, le Aziende di maggiori dimensioni che, con tutta probabilità, fruiscono (con il passaggio di dipendenti e clienti) delle strade ed aree pubbliche, con ciò contribuendo alla formazione dei rifiuti spazzati dalle strade comunali.

Si pensi ad un ipermercato, con tutta probabilità i rifiuti da questo prodotti, imballaggi terziari e secondari, sia per provenienza sia per quantità non sono assimilati ai rifiuti urbani. Con ciò gran parte se non la totalità delle superfici non entrano a far parte della quantificazione del prelievo dovuto e sono, nei fatti, esentati dal versamento di tale prelievo.

Eppure è indubbio che la presenza di una grande concentrazione di clienti in un unico punto della città comporterà dei costi maggiori per lo spazzamento delle strade (questa situazione è facilmente dimostrabile da parte di quei gestori che fanno una attenta analisi dei costi per zone dell’abitato urbano).

Del resto una identica situazione si registra per gli immobili non occupati che sono, generalmente, esonerati da qualsiasi versamento, però traggono senz’altro vantaggio da una puntuale pulizia della città.

In realtà, nelle intenzioni del Legislatore che aveva adottato il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sotto il cui usbergo è stato emanato il DPR 158, la Tariffa doveva essere versata anche da coloro che non fruivano direttamente del servizio di raccolta dei rifiuti domiciliari, in quanto la tariffa era divisa in una parte fissa, legata ai costi fissi del servizio, ed una parte variabile legata alla quantità (presuntiva) di rifiuti conferiti al Servizio pubblico.

Secondo alcuni, tra cui gli scriventi, la parte fissa della tariffa, in quanto svincolata dai rifiuti effettivamente conferiti, era dovuta a prescindere dalla fruizione del servizio.

Tale tesi, peraltro scientificamente corretta, non ha avuto fortuna, prima di tutto tra i Comuni, che al tempo dell’adozione della tariffa Ronchi, non hanno fatto altro che prendere i regolamenti della vecchia Tassa Rifiuti e cambiare (facilitati dalle opzioni di sostituzione automatica dei Word Processor) il nome del prelievo, senza afferrare il profondo cambio di paradigma che era recato dall’Art. 49 del D.Lgs. 22/97.

Tale principio, in parte recepito dalla Giurisprudenza (su tutte la Commissione Regionale Toscana con diverse Sentenze ed in parte le Commissioni Provinciale e Regionale di Torino), è stato successivamente abbandonato dal Legislatore che sin dal Decreto 3 aprile 2006, n. 152, ha limitato il prelievo ai soli immobili suscettibili di produrre rifiuti urbani (e assimilati agli urbani).

Il punto è che, attualmente, lo spazzamento delle strade è, comunque, finanziato solo dai contribuenti che versano la Tassa Rifiuti (componente Ta.Ri. della IUC).

Il caso è ancora più eclatante se prendiamo ad esempio i mercati settimanali, in cui il gestore del servizio di spazzamento deve organizzare servizi straordinari alla fine del mercato, non solo per rimuovere i rifiuti prodotti dagli operatori sulle loro piazzole ma anche per spazzare complessivamente l’area.

Sarebbe come se, alla chiusura di un negozio, il servizio pubblico vi entrasse e facesse le pulizie, inconcepibile vero? Eppure è quello che succede alla fine di ogni mercato (ed è esperienza comune lo stato in cui restano le aree pubbliche dopo un mercato, un concerto di piazza, una qualsiasi manifestazione pubblica).

A fronte di questi servizi straordinari, il Legislatore ha previsto che l’operatore ambulante paghi una tariffa, per ciascun giorno di mercato, che è un 365esimo (avete capito bene) della tariffa che paga in un anno un negozio della stessa tipologia merceologica.

Eppure il servizio fornito è notevolmente diverso ed è il tipico caso in cui “il conto al ristorante” lo paga qualcun altro (ci riferiamo al noto proverbio anglosassone secondo cui “non esistono pranzi gratis”) perché i costi che si registrano (in tutti i Piani Finanziari che abbiamo esaminato o elaborato nella nostra attività professionale) per il servizio di pulizia dei mercati settimanali sono esponenzialmente superiori a quanto pagato dagli operatori.

La situazione è, quindi, molto lontana dall’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” (che non amiamo molto perché ha come contraltare sinallagmatico chechi paga può inquinare”).

Ma cosa possiamo chiedere al Legislatore?

In primo luogo che il costo dello spazzamento delle aree urbane sia enucleato dal costo del servizio da pagarsi con la componente Tassa Rifiuti della Imposta Unica Comunale.

Di conseguenza il servizio dovrà essere a carico della fiscalità generale del Comune, in quanto servizio “indivisibile” (in realtà il Tributo di elezione per la copertura di questi costi sarebbe stata la componente TASI della IUC, ma con la Finanziaria di quest’anno le abitazioni principali sono state esentate dal versamento di questo Tributo, e quindi ci troveremo di nuovo nella medesima situazione in cui solo una parte paga per il tutto).

I servizi straordinari (per manifestazioni di piazza non politiche e/o sindacali, concerti, ecc.) dovranno essere posti a carico degli organizzatori.

Infine, è necessario che gli operatori dei mercati siano chiamati a pagare per il servizio effettivamente fruito e non per un’astratta tariffazione dettata da interessi lobbistici.

Altrimenti il principio “chi inquina paga” rimarrà, come oggi, un mero slogan.

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